Il momento nel quale diamo il via allo swing dalla posizione di address tende a determinare la forma che esso assumerà nel corso di tutta la sua azione. Partire bene, seppur questo non ci garantisca il successo, ci mette tuttavia sulla buona strada per muovere il bastone su di un piano corretto, per dare poco spazio alle compensazioni personali e per rendere tutto lo swing molto più fluido e semplice. A tal proposito mi viene in mente quell’antica massima golfistica secondo la quale il successo di uno swing si gioca tutto nei primi venti centimetri del movimento. Seppur questa mi sembri ad oggi un’affermazione un tantino esagerata, poiché sono davvero molti i giocatori del tour che paiono deviare dai dettami più classici riguardanti il take away, c’è tuttavia da tenere in seria considerazione l’importanza che il movimento d’avvio ha sul risultato finale del colpo.
Cominciamo quindi col dire innanzi tutto che l’inizio dello swing deve essere condotto dai grandi muscoli delle spalle e del tronco, e non dalle mani. Questo è vero oggi come lo era settant’anni fa, tant’è che un grande come Bobby Jones – nel suo libro “Bobby Jones on Golf” – ha voluto che il suo take away fosse raffigurato come il movimento di un triangolo formato da braccia e spalle, dove queste ultime fungevano da motore dell’intera azione.
Il movimento parte dunque dalle spalle e si trasferisce, per riflesso, sul movimento di braccia e bastone. Nel momento in cui le mani raggiungono la coscia destra potremo vedere come le spalle abbiano in parte iniziato a ruotare, come la testa del club sia ancora esterna rispetto alle mani, e come la faccia del bastone non sia stata manipolata attraverso azioni di apertura o di chiusura della stessa. Il movimento sarà basso e morbido, come un gentile slancio pronto a far assumere al bastone le successive posizioni dello swing. Partire in questo modo creerà una cadenza che si ripercuoterà positivamente sul ritmo generale del movimento, creando una reazione a catena che avrà il suo culmine al momento dell’impatto.