Oggi la diffusione della tecnica del golf, dei suoi concetti fondamentali e dei suoi segreti ha assunto una proporzione tale da far sì che la conoscenza del gesto sia veramente alla portata di ognuno: libri, dvd, siti internet, riviste, analisi degli swing con telecamere ad alta velocità, studi della fisica, e chi più ne ha più ne metta.

Se da un lato questa conoscenza sdoganata rappresenta in parte una chimera poiché, come in ogni campo della vita e del lavoro, solo reali esperti del settore sanno veramente dove intervenire, dall’altro essa ha contribuito a sfatare un mito che aleggiava da tempo tra allievi ed insegnanti di golf, tra addetti ai lavori e non: ovvero quello secondo il quale possa esistere un solo modo di eseguire lo swing corretto.

Chiunque sia oggi solo moderatamente appassionato di questo sport avrà potuto notare come, dall’analisi di riviste e video, non esistano al mondo due soli golfisti di caratura mondiale che facciano lo swing esattamente alla stessa maniera. Possono essere magari molto simili, ma non saranno certamente mai uguali. Anzi, è quasi vero il contrario: se prendessimo in esame i primi dieci giocatori al mondo del momento, noteremmo forse più differenze che somiglianze. Ricordate infatti che i principi corretti a cui uno swing che si rispetti deve far capo sono solo poco più che una decina e che, a parte questi, ogni swing al mondo riflette in sé un naturale ed auspicabile grado di soggettività. Questo peraltro non accade solamente nei giocatori, ma anche tra gli insegnanti: storicamente possiamo citare l’esempio di un grande quale Bob Toski, il cui lavoro si basava sul concetto per il quale il corpo è alle dipendenze del movimento di mani e braccia, tesi ad esempio in netta contraddizione con quella di David Leadbetter, secondo il quale: “E’ il cane che dimena la coda, e non la coda che dimena il cane.” Come vedete, per quanto la conoscenza della tecnica possa progredire, esisteranno sempre delle zone d’ombra in seno alla vera natura dello swing.

Solo una cosa è invece certa: qualunque colpo di golf tirato al mondo risente di solo cinque fattori fondamentali che ne regolano il risultato finale. Essi sono:

La velocità della testa del bastone (all’impatto);
Il punto di contatto (con la pallina);
L’angolo d’attacco (del bastone verso il terreno);
La traiettoria della testa del bastone (nei pressi dell’area di impatto);
La posizione della faccia del bastone (al momento del contatto con la pallina).

Qualunque metodo di insegnamento dovrebbe quindi tendere non alla ricerca di un ideale – peraltro irrealizzabile – di swing, ma piuttosto al miglioramento dei dieci principi fondamentali di cui sopra, i quali interverrano direttamente sulla qualità dei cinque fattori fondamentali legati al modo di impattare la pallina, l’unica cosa che davvero conta. Per dirla infatti con le parole di Butch Harmon: “Non mi interessa l’aspetto di uno swing, purché generi dei bei colpi.”