Seppur possa esistere una forma ideale di swing alla quale far riferimento, è innegabile che l’analisi dello swing di differenti giocatori del Tour mostri talvolta delle discrepanze da un modello universalmente riconosciuto.
Certamente i punti più importanti dello swing sono sempre rispettati dai grandi giocatori ma in alcune fasi, taluni di essi, hanno prodotto delle personalizzazioni o delle compensazioni che gli hanno consentito di giocare altrettanto bene, se non addirittura meglio.
Si tratta generalmente di abitudini acquisite nell’infanzia e nei primi approcci col gioco, di modifiche legate alla propria struttura fisica, oppure di movimenti che sono stati inseriti istintivamente e senza alcun motivo particolare, ma che il tempo ha dimostrato essere funzionali.
D’altronde siamo tutti diversi gli uni dagli altri, e non c’è niente di male in questo. Anzi, proprio tali personalizzazioni rendono il golf un qualcosa di ancora più affascinante ed estroso, che evita di renderci simili a degli automi tutti uguali tra loro.
Ciò premesso è tuttavia importante ribadire che talune azioni del bastone o del corpo sono sempre da mettersi al bando in quanto, per taluni gesti, più ci si distanzia da un modello didatticamente corretto e più sarà difficile essere ripetitivi al momento dell’impatto. Inoltre, tali peculiarità sono maggiormente accettabili e legittime in giocatori talentuosi e che praticano molto (e che dunque sanno riconoscere l’utilità di certe modifiche) oppure in quelli che, come accennato, sono costretti ad eseguire un movimento diverso a causa ad esempio di una ridotta mobilità articolare.
In tutti gli altri casi, invece, il modello di riferimento rimane sempre costante, e le possibili personalizzazioni dello swing altro non sono che errori su cui lavorare e da dover eliminare.